La mensa di San Francesco compie 30 anni. Insieme a quella della Caritas fornisce 400 pasti al giorno a poveri e senzatetto. Visita dell’assessore Allegrino alle due strutture “Un grande lavoro sui servizi a bassa soglia, sostenuto dall’Amministrazione comunale”

La mensa di San Francesco, la prima sorta a Pescara, celebra i 30 anni di attività. Per condividere questo importante traguardo, l’assessore alle Politiche Sociali, Antonella Allegrino, ha visitato la struttura di via Kennedy dove ha incontrato il responsabile, Renato Paesano e uno dei fondatori, padre Bonaventura. Successivamente si è recata anche alla mensa della Cittadella della Caritas, accompagnata dal direttore, don Marco Pagniello. Le due strutture forniscono, nel complesso, circa 400 pasti al giorno a senzatetto e indigenti, che vivono o si trovano di passaggio sul territorio di Pescara.

“E’ stata l’occasione per assistere sul posto e di persona al grande lavoro che le mense fanno sui servizi a bassa soglia, anche con il contributo dell’Amministrazione Comunale, che anche quest’anno sta predisponendo, attraverso una variazione di bilancio, il sostegno con 60mila euro – spiega l’assessore Antonella Allegrino – Sono strutture che accolgono ogni giorno centinaia di persone, per lo più stanziali, fornendo pasti caldi e nutrienti. Un numero che, in occasione di festività, eventi o nella stagione estiva, può aumentare perché Pescara viene raggiunta da gruppi, di nazionalità straniera, dediti all’accattonaggio”.

La mensa di San Francesco, situata in viale Kennedy,  fornisce un centinaio di pasti al giorno (solo a pranzo) a persone che accedono alla struttura, a partire dalle 11.30, attraverso un badge magnetico. In cucina, si alternano cuochi volontari che preparano le pietanze con l’aiuto di studenti di istituti scolastici, impegnati nell’esperienza del volontariato e di Mamadou, un giovane senegalese che è diventato un punto di riferimento per tutti. “Assistiamo, nell’insieme, dalle 300 alle 400 persone, uomini e donne, anche se gli spazi sono un po’ limitati – spiega Renato Paesano – Gli italiani, in questo momento, sono 91, il resto è costituito da altre nazionalità. Distribuiamo anche un centinaio di pacchi di viveri al mese alle famiglie indigenti, oltre a buoni spesa, da 30 euro, che consegniamo a chi si trova in situazioni di emergenza. Si rivolgono a noi anche professionisti, madri e padri separati, che non hanno la possibilità di pagare le bollette perché hanno perduto il lavoro e non sanno come provvedere ai figli. Cerchiamo di fare il possibile, di sostenerli e aiutarli a superare i momenti di difficoltà Per celebrare i trent’anni di attività è in preparazione una pubblicazione che ripercorre la storia della mensa”. Tra i ricordi, ci sono anche quelli di Padre Bonaventura :“C’erano tanti poveri che raggiungevano la chiesa di Sant’Antonio, all’ora di pranzo, chiedendo del cibo – racconta – Un Natale decidemmo di andarli a prendere alla stazione, dove avevano trovato rifugio, e preparargli il pranzo. Furono felicissimi. E’ nata così l’idea della mensa. Per il cibo, ci riforniamo in gran parte dal Banco Alimentare. Al resto pensano i volontari e la Provvidenza”.

In via Alento, all’interno della Cittadella dell’Accoglienza, si trova la mensa della Caritas, aperta a pranzo e cena e circondata da strutture per la prima e seconda accoglienza (87 i posti letto), lavanderia, magazzini per i viveri, una cappella e uno sportello d’ascolto. Nel 2016, la struttura ha fornito 104.310 pasti con una media di 285 pasti al giorno, di cui circa 125 a pranzo e 160 a cena. Un’attività che si svolge quotidianamente grazie alla disponibilità di circa 350 volontari, dai 14 anni in su, che operano con turni di 8 persone alla volta, coordinati dagli operatori della Caritas. “In alcuni periodi, come ad agosto, in cui è chiusa la mensadi San Francesco, arriviamo  a fornire anche più di 300 pasti al giorno – aggiunge don Marco Pagniello – La vera emergenza che stiamo affrontando e che continueremo ad affrontare è rappresentata dalla presenza, sempre crescente, di rifugiati, che escono dall’assistenza strutturata e non hanno un posto dove andare”. 

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